Il nostro cuore è inquieto e trova riposa solo in Te.
Dov'è l'amore che cerchiamo nella nostra storia con Eluana? Confesso che l'angoscia sfiora il mio cuore: che cosa sta succedendo? Cosa devo fare? Cosa posso pensare? Dove trovo l'amore?
Non lo trovo nella Eluana che ci hanno descritto: quella che accende un cero in Chiesa perché l'amico inchiodato al letto muoia purché non debba fare la vita che gli è toccata in sorte.
Non lo trovo nei frammenti di immagine del papà di Eluana quando si dimena in ogni direzione pur di mettere fine alla vita che gli si è rovinata intorno.
Non lo trovo nei politici che sembrano sfruttare un caso umano per promuovere una legge, sia in un senso che in un altro (per la vita o per la morte), e giocano a rimbalzarsi le responsabilità della vita che hanno chiesto di governare.
Non lo trovo nei giornalisti che dedicano oggi 10 pagine ad Eluana e domani nessuna ad altri casi simili dimenticando la vita che possono descrivere e approfondire.
Non lo trovo nell'immagine di questa madre assente (resa assente? resasi assente?)
Non lo trovo, nella pienezza del suo splendore, in nessuno di questi casi.
MA DOVE VUOI CERCARE L'AMORE SE NON NELLA SUA SEDE PROPRIA, CARO DON FLAVIANO?
Da chi è stata curata la vita di Eluana in questi 17 anni? Chi l'ha accudita ora dopo ora, minuto dopo minuto? Chi ha sostenuto la speranza iniziale e la delusione finale con robusta solidità? Chi l'ha guardata incessantemente, bella o brutta che fosse? Chi ha ringraziato di averla accanto in qualsiasi condizione si trovasse? Chi l'ha ricevuta come un dono? Chi le ha parlato, l'ha incoraggiata, l'ha sgridata magari, per il suo silenzio? Chi ha speso la propria vita per lei? (Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici, Gv 15,13).
Non sono queste le azioni dell'amore? Non sono queste le azioni di marito (di una moglie) di un padre (di una madre) di un figlio (di una figlia)?
Chi le ha messe in atto?
Chi?
Eccolo l'amore. Ecco la speranza del mondo, anche di quello che commette i delitti. Solo l'amore resterà, il resto verrà spazzato via dal tempo.
Coraggio allora amici! La Chiesa ha saputo amare. Tramite una umile comunità di suore la Chiesa ha amato donando se stessa finché morte non ha separato: bello l'amore.
Questo amore dobbiamo custodire nel nostro cuore e difendere con la parola. E qui di nuovo la Chiesa ci insegna: i vescovi possono parlare perché una parte del Corpo, le suore, hanno operato. Parole e opere: le une spiegano le altre sono presenti.
Mai esserci senza dirsi, mai dirsi senza esserci: l'amore può essere fatto (opere) perché è stato rivelato (parola); ed è stato rivelato perché c'è stato qualcuno che lo ha fatto.
IMPARIAMO L'AMORE DA QUELLO CHE VEDIAMO: e l'amore anche in questa triste vicenda si è fatto carne. Chi può intendere intenda.
"... trovai l'amato del mio cuore. Lo strinsi fortemente e non lo lascerò..." (CdC 3, 4)
Con umiltà: sei forse tu, don Flaviano, che hai fatto l'amore per questi 17 anni? No... Sì...
Sì quando sono un corpo unico con la Chiesa (tutta, dal Capo alle membra)! No, quando me ne allontano (anche solo da una parte, dal capo o dalle membra): in Cristo sono una cosa sola con le mie sorelle suore. Se amo nella Chiesa (tutta, dal Capo alle membra), anche io ho amato Eluana.
Che sia così!






8 commenti (clicca qui e scrivi/vedi i commenti):
Le suore hanno fatto tutto quello che potevano per aiutare Eluana, e restare così fedeli al loro sistema di valori. Le ammiro.
Il papà ha fatto tutto quello che poteva per aiutare Eluana, e restare così fedele sia al suo sistema di valori sia a quello che riteneva fosse della figlia. Ammiro anche lui.
Secondo me si potrebbe, con umiltà, con umanità, pensare che ci sia amore sia lì, sia qui.
Ma naturalmente ciò è impossibile se si parte dal presupposto che l’Amore è solo nella Chiesa.
Quanto poi all’uso che di questa storia è stato fatto, io non riesco a vedere Amore (o amore) in un giornale dei vescovi che (autorizzato, secondo il tuo ragionamento, dall’amorevole servizio delle suore) dà del boia ad un padre che, nei limiti delle sue possibilità, delle sue convinzioni dolorosamente conquistate e sostenute, ha provato a svolgere il suo compito.
E poi tutto questo sfruttamento di un caso così triste per cercare (usando come strumento governi privi di senso dello stato, leggi eccezionali, procedimenti che sanno di prove tecniche di golpe) di applicare i valori di qualcuno alla vita di tutti, di usare la politica come scorciatoia quando non si riesce a conquistare i cuori… No: questo non mi pare amore (né tanto meno Amore).
Vabbe’, scusa l’invasione di campo, ma internet è un un po’ una piazza, ci si incontra gente di tutti i tipi… E forse questi sono discorsi che vanno fatti in pubblico, non in privato.
Ciao
Gabriele
Grazie a Gabriele per l'intervento.
Per gli altri lettori lo presento: è un caro amico di don Flaviano, hanno studiato insieme all'Università, si sono laureati lo stesso giorno. Oggi insegna in una scuola superiore di Recanati (se non sbaglio).
Se l'amore ti tiene a letto non ti manda all'al di là, e se ti manda all'al di là non ti tiene a letto. Insomma non è umiltà né umanità quella che dice vero tutto per non dire falso niente. Certamente poi è difficile scoprire ciò che è più vero. Ma le due azioni sono proprio opposte e non si può considerarle tutte e due frutto di amore.
Sul giornale dei vescovi, che ha un nome e si chiama Avvenire (non chiamiamo mai Repubblica o Corriere con il nome dei loro proprietari) ho trovato questo articolo di cui riporto alcune righe:
"Scrivo queste righe per raccogliere un’in credibile sfida, e per rilanciarla a mia volta con stupefatta ma serena coscienza. È stato, infatti, scritto che Avvenire avrebbe defini to «un boia» Beppino Englaro. I nostri lettori sobbalzeranno, e a ragione. E io, a nome mio e loro, sfido chiunque a dimostrare che Avvenire, in un proprio articolo, abbia mai abbinato al nome del signor Englaro quella qualifica. Quando si arriva a contrarre e manipolare un ragionamento articolato lungo alcuni paragrafi in un paio di parole icastiche in realtà mai accostate né intenzionalmente né casualmente sul nostro giornale, e quando un giornalista come Giuseppe D’Avanzo – al pari del più inesperto Giacomo Galeazzi (La Stampa di Torino) – arriva ad assumere come fonte autorevole un ideologico spiffero di agenzia, senza lo scrupolo di una qualche verifica, allora – diciamolo – il processo di dequalificazione del nostro mestiere è ben più avanzato di quanto si pensi"
Questo basti ad esemplificare che la ricerca della verità è un'operazione ardua e complessa.
Bene! Grazie ancora a Gabriele che dà un po' di pepe al nostro angolo.
Buona giornata.
Caro Flaviano, cari tutti, grazie per l'ospitalità. A questo punto sono in ballo, mi tocca ballare.
Cominciamo dalle cose semplici: ho chiamato l'Avvenire "il giornale dei vescovi" per un solo motivo: nel post di Flaviano si parlava delle posizioni dei vescovi, e dunque quel giornale mi interessava in quanto voce di quel mondo (del resto mi pare cosa riconosciuta anche dai vescovi, che l'Avvenire sia il giornale della Cei: non vedo il problema).
Quanto al merito delle idee espresse in quel famoso articolo, devo premettere che io non avevo letto né Repubblica né le agenzie, ma proprio l'articolo sul giornale e ne ho parlato nel mio commento semplificando (cioè dicendo in parole semplici) quel che secondo me voleva dire (se anche le agenzie e Repubblica, scopro ora, hanno interpretato allo stesso modo, mi sento meno solo). Certo, quando ho letto il brano citato da Flaviano mi si sono rizzati i capelli: "vuoi vedere che sono caduto in un tranello, ho letto frettolosamente, ho sbagliato fonte?". Sono andato a rileggere: io in quelle righe leggo sempre la stessa cosa. Non mi vengono in mente davvero altre interpretazioni (a meno che non vogliamo giocare con le parole). Riporto il testo, così ciascuno si fa le sue idee.
"Eluana è stata uccisa. E noi vogliamo chiedere perdono ai nostri figli e alle nostre figlie. Ci perdonino, se possono, per questo Paese che oggi ci sembra pieno di frasi vuote e di un unico gesto terribile, che li scuote e nessuno saprà mai dire quanto. Con che occhi ci guarderanno? Misurando come le loro parole, le esclamazioni? Rinunceranno, forse per paura e per sospetto, a ragionare della vita e della morte con chi gli è padre e madre e maestro e amico e gli potrebbe diventare testimone d’accusa e pubblico ministero e giudice e boia?"
Davvero si stava parlando in astratto, così tanto per fare delle ipotesi di scuola, senza riferimento a "quel padre"? Non vedo elementi testuali per crederlo. Il fatto poi che la cosa non sia stata detta in maniera semplice, “semplificata”, diretta, ma attraverso un giro di parole, a me pare anche peggio (perché è un po' ipocrita, di un’ipocrisia che una volta si definiva gesuitica: lancio il sasso, il lettore capisce quel che deve capire, ma io se si scatena troppo putiferio posso giocare con le parole e rigirarle... oh, giornalisti, chi è senza peccato scagli la prima pietra). Ma tutto questo, secondo me, è anche poco importante. Sono vecchie schermaglie fra chi ha il vizio della filologia. Del resto sulla questione è intervenuto, vedo ora, Ezio Mauro, che dice parole secondo me molto sagge (per i curiosi: http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/eluana-englaro-5/replica-avvenire/replica-avvenire.html ).
La questione importante è quella della verità. E qui mi pare proprio che sia tanto difficile riuscire a parlarci. Mi pare che si sia arrivati ad un manicheismo davvero pericoloso. Adesso va di moda “il partito della vita” contro “il partito della morte”. E anche tu, Flaviano, secondo me ci caschi, quando dici che il mio ragionamento è quello di chi dice vero tutto per non dire falso niente. La solita accusa di “relativismo”, assoluta e in quanto tale generica. No, è proprio qui il punto: io non faccio di tutta l’erba un fascio. Dico che ci sono tante cose sulle quali la verità si può raggiungere (ed è doveroso trovarla), altre (forse più delle prime) in cui ci si può solo approssimare (ed è doveroso provarci), altre sulle quali ragionevolmente non si può proprio dire nulla di sicuro (e allora ci stanno apposta le coscienze, di gente che ha faticato tutta la vita per farsi un’idea, per trovare la strada giusta…). Per affrontare l’angoscia del mistero di queste ultime alcuni fanno ricorso alla fede, alle verità rivelate (e dunque non dimostrabili), altri no. Per me il caso di Eluana è uno di questi. Io non vedo le due azioni (di Beppino, delle suore) come opposte, perché non è così facile stabilire dove stia la vita, e dove stia la morte. Fra la vita e la morte c’è un processo, che per ognuno è diverso, ci sono tanti casi particolari, resi ancora più complessi dalla tecnologia che, in astratto, potrebbe allungare questo processo quasi all’infinito (e secondo me la Chiesa deve stare attenta a non prendere la strada della tecnica medica fine a se stessa, dunque disumanizzante: sarebbe un bel paradosso). Mi vengono in menti i casi di Welby, di Giovanni Paolo II, di mio nonno e mia nonna. Tutti potevano durare ancora un po’, grazie alla tecnica, 17 minuti o 17 anni. Non lo hanno voluto, o qualcuno, con amore, non lo ha voluto per loro. Sia fatta la volontà di Dio, si diceva una volta. Ed era più umano.
(Poi c’è tutto il discorso dell’uso abietto che di questi nobili e alti problemi viene fatto, ma ho parlato già troppo).
Lascio cadere il riferimento scorretto filologicamente (chi lo diceva una volta? Certo non i gesuiti. E perchè? Bisognerà anche indicare questi dati oppure, che fai? lanci il sasso e nascondi la mano? Vuoi forse dire che l'ipocrisia è tipica dei cristiani che si impegnano nella cultura? E perché non lo dici chiaramente: ipocrita! Anzi: gesuitico! Come vedi il tuo giochino può essere usato anche contro di te ) e scorretto dal punto di vista della realtà al "gesuitico" come sinonimo di ipocrisia.
Lascio cadere il processo alle intenzioni al giornalista di Avvenire: quando un autore dice che quello che voleva dire non è quello che è stato interpretato io, per onestà intellettuale, mi fido dell'autore più che dell'interprete. Sarò fesso... ma l'originale mi ispira di più.
Prendo atto del fatto che, come io non vedo amore nei comportamenti di alcune persone tu non lo vedi nel comportamento di altre.
E qui la cosa si fa interessante! Potremmo infatti cominciare a discutere di cosa sia l'amore, di cosa serva per vederlo, e di quali atti quindi siano apprezzabili come atti d'amore.
Tengo il buono della discussione e rimando tutto ad un futuro post perché stanotte sono solo di passaggio.
Buona vita a tutti. E grazie ancora a Gabriele.
Cito ciò che dice Giuli:
"Non ho parole per commentare l'assassinio di Eluana....! In questo momento possiamo solo pregare per lei e chiedere perdono a Dio per tutto quello che stiamo combinando qui sulla terra!".
Dio è già accanto ad ognuno di noi su questa stessa terra.. e non sa che farsene dei nostri perdoni. Sa capirci meglio di qualsiasi altro genitore e vuole la nostra felicità, no le nostre scuse.
Personalmente se mi trovassi nelle condizioni di Eluana, sarei stato ben felice di levarmi dalle scatole (sapendo da cristiano di "andare a star meglio"), piuttosto che schiavizzare i miei familiari e far viver loro una vita di stenti e sacrifici, a causa mia o meglio a causa del mio corpo, in versione vegetale.
Né penso che a Dio piaccia tutta questa cultura del dolore, della sofferenza, che da sempre alle strutture ecclesiastiche piace così tanto..
Scusate ho monopolizzato la chat.. eheh giusto così uno spunto da un nipote di un malato di alzheimer di cui ci siamo felicemente presi cura per svariati anni, ma per il quale infine ci siamo rifiutati di utilizzare il famoso sondino di cui tanto si è parlato per eluana..
un saluto a tutti!! diego-Ancona
http://www.monasterodibose.it/index2.php?option=com_content&task=view&id=2800&pop=1&page=0&Itemid=114
..molto bello.
diego.
Grazie Diego per aver segnalato questo articolo, che mi pare ammirabile non solo per quel che dice nel merito, ma soprattutto per la saggezza del richiamo ad un modo di stare nel mondo e di dialogare che è assolutamente fondamentale riscoprire. E che questo richiamo venga da dentro la Chiesa cattolica pare a me, da fuori, un segnale bello, confortante, e nemmeno troppo inaspettato. Ai miei occhi però le posizioni di Bianchi nella Chiesa sembrano largamente minoritarie: a voi, da dentro, cosa sembra?
Quanto alle osservazioni di Flaviano, sono d'accordo: dovremmo lasciar perdere le polemiche (ma lasciar perdere davvero, e non polemizzare utilizzando abilmente la preterizione) e puntare all'essenziale. Anche se la tentazione è forte...
(Scusate, quello di prima ero io: Gabriele)
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