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L'angoscia

Cari giovani,
iniziare questa pagina è difficile. Ricordo i momenti più brutti della mia vita, mi si presentano i racconti di molti di voi, rivivo i drammi che ho incontrato per la via.

Non sono un poeta, non so offrire parole che parlino da sole. Anche perché, per lo più, l'angoscia scatena un grido, spesso soffocato, o ammutolisce del tutto ma non permette di articolare un discorso.

Resta il fatto che tutti devono affrontare prima o poi quei momenti, a volte interminabili, in cui si sente, un macigno, una matassa che pesa tra lo stomaco, i polmoni e il cuore, in un punto non ben localizzato delle nostre viscere. Cosa sia non saprei dirlo, ma sta lì. C'è veramente, si sente, anche se nessuna radiografia la porterebbe mai ad evidenza. Come il suo opposto, la gioia, l'angoscia è una "cosa" spirituale che si presenta nel corpo. Occupa il confine tra interiore ed esteriore; è quanto di più intimo e quanto di più visibile. Molto inconsistente eppure molto fisica.

E cosa vuole? Cosa dice?

Niente! E questa è la sua essenza, credo. A noi che guardiamo sempre in una direzione, a noi che desideriamo sempre qualcosa, a noi che temiamo sempre qualcos'altro, a noi che, aprendo gli occhi, non possiamo non vedere qualcosa di concreto, si presenta il vuoto: non vuole nulla, non dice nulla. Semplicemente non c'è. Il futuro sembra precluso, il passato sembra scomparso, il presente sembra inconsistente: nulla; ecco l'angoscia.

Non ho avuto l'accortezza di fare un'indagine sull'etimologia della parola (chi volesse cimentarsi è ben accolto) ma a me l'angoscia parla di un vuoto che pesa, una specie di buco nero, un nulla denso come un tutto. E questo passaggio (il nulla che opprime come se fosse pesante come tutto l'universo) mi riconduce all'orto degli ulivi:

Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a provare paura e angoscia. Gesù disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate" (Mc 14, 33).

Troviamo un passo simile in Matteo (26, 37) mentre in Luca si dice: In preda all'angoscia pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra (22, 44).

Ho imparato così che la preghiera è l'unica compagna dell'angoscia. "Mio Dio, mio tutto" diceva san Francesco ed evidentemente anche lui è passato per il nulla che pesa come un tutto: e ha imparato che solo l'eterno può confrontarsi con il vuoto.

Nel nulla sono sempre stati inghiottiti altri tentativi: la musica, il cibo, lo sport, il sesso, le passeggiate, lo shopping, la letteratura, i film e chi più ne ha più ne metta. Tutte vie che, se non portano a Lui, cadono nel vuoto. Un vuoto infinito non può essere riempito da un bene finito. Certo, neppure si può dire che è così semplice attingere all'eternità per scacciare il vuoto infinito. Ma la Trinità, per quello che so io, non riempie il vuoto infinito. Lo sposa, lo penetra, lo attraversa: come mostra Gesù. Lo rende fecondo: perché tra noi e l'eternità c'è un fossato, largo come il male dell'uomo nel mondo, che non possiamo fiancheggiare (pena la noia): dobbiamo affrontarlo. Ecco: la preghiera è l'inizio della battaglia. Ad un certo punto anche la preghiera sembra essere inghiottita (e forse o è veramente): "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?" Se però a quel punto si riesce ancora a pregare: "Nelle tue mani rimetto il mio spirito" che è ormai morente, allora sì che la battaglia è vinta. Il tempo finito e sfinito si fa eternità, l'infinito ha assunto il male e lo ha trasfigurato. La preghiera è l'unica via per l'angoscia vera.

Che storia!!

La quaresima ci prepara soprattutto a questo. Coraggio!
Vi ricordo gli Esercizi Spirituali: "La tua Grazia vale più della vita".

Un abbraccio pieno.


1 commenti (clicca qui e scrivi/vedi i commenti):

Anonimo ha detto...

E bravo d.Fla! infatti angoscia: Sensazione dolorosa di stringimento all’epigastrio, accompagnata da gran difficoltà di respiro e da profonda tristezza; affanno, molestia, dolore che quasi preme il cuore. Dal lt. ango, angis, anxi, angĕre, stingere - soffocare [DELI, Zanichelli]

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